La Storia della Pieve

Sant'Eulalia è una piccola ma antichissima Comunità Cristiana ai piedi del Monte-Grappa nella Pedemontana Veneta. Dalla piazza si ha la visione della “luminosa chiesa di S. Eulalia che come Regina Pacis siede in mezzo al verde smeraldo della bella campagna del Grappa” (da una lettera di L. Perosi a Monsignor G.B. Cheso).
L’edificio [il terzo costruito in ordine cronologico nei 1400 anni di storia della Pieve] fu realizzato tra il 1773 ed il 1794 su disegno di Antonio Gaidon (1738-1829) . È di belle proporzioni architettoniche, sia all’esterno che all’interno. Il prospetto si erge su quattro colonne di stile corinzio, tra le quali vi sono semplici decorazioni con il simbolo della Santa Martire, titolare della pieve. L’interno, sempre di impostazione classica, ha il presbiterio decorato con stucchi originali di fattura veneziana.
Opere pittoriche conservate nella pieve: Martirio di Sant’Eulalia di Andrea Zanoni (n. 1669), SS. Antonio, Carlo Borromeo di Giovanni Martino de Bonis (1753-1810) e dello stesso autore S. Cassiano, martirizzato dai suoi discepoli (1803), Cristo ascendente al cielo con ai piedi i SS. Giustina, Giovanni Evangelista e Prosdocimo di Giacomo Apollonio da Bassano (1584-1654).
Sono conservati fuori culto le tele: Sosta della S. Famiglia nella fuga in Egitto di Ignoto, opera di notevole valore, Madonna in trono con S. Luigi ed Angeli di Ignoto, S. Giovanni Evangelista di Ignoto.

L’altare maggiore ci offre il sorriso di un paliotto, trattato in altorilievo, di Francesco Bonazza (1700), con una Cena tutta ariosa, ricco di movimento e di grazia.

L’organo, costruito da Gaetano Antonio Callido (1727-1813), dono del fratellastro di Antonio Canova, Mons. Sartori Canova, alla Pieve, in seguito all’abbattimento dell'antica parrocchiale di S. Teonisto di Possagno (che cedeva il posto all’attuale Tempio), é stato messo in opera il 1° Agosto 1797.
Nella sacrestia è conservata una lapide di buona fattura, con scritta di rara bellezza stilistica, dettata dall’illustre latinista Pietro Canal che ricorda ai posteri il maestro Francesco Benozzo (1775-1820).
La “Saletta del Sarcofago” custodisce il sarcofago di Cajo Vettonio Fabia Massimo, Veterano.

Lorenzo Perosi e Sant'Eulalia

Lorenzo Perosi è legato alla storia di S. Eulalia in virtù dell’amicizia con un suo illustre cittadino mons. Cheso.
Nacque a Tortona nel 1872, morì in Città del Vaticano nel 1956. Sacerdote (1894), assunse la direzione della Cappella di S. Marco a Venezia, fu quindi (1898) alla Cappella Sistina prima come vicemaestro, poi (1902) maestro; accademico d’Italia (1932). L’importanza del Perosi è tutta concentrata nei suoi oratori, la cui musica, sorta durante l’egemonia dell’opera teatrale, pur risentendo di questa, riesce spesso ad affermazioni di pensiero e di spiritualità. Talvolta non scevra di eclettismo, essa si distingue però fra tutte per il suo accento di purezza e di tenerezza, oltre che per le particolarità dello stile. Le composizioni del Perosi di musica sacra hanno costituito per molti anni il repertorio “forte” delle Scholae cantorum, specialmente del Veneto.
Come sia nata l’amicizia fra il Perosi e Gio.Batta Cheso (Sant’Eulalia 1855-Padova 1936) non lo sappiamo con esattezza. Questi insegnò lettere nel ginnasio prima, diritto canonico e matrimoniale, pastorale ed arte sacra in teologia poi, ma fu soprattutto insegnante di canto. Era un ufficio a cui teneva moltissimo. Nel 1882 partecipò, come rappresentante della diocesi di Padova, al congresso internazionale di canto sacro ad Arezzo. Nel 1886 fu segretario della Commissione diocesana di Arte Sacra.
Un dato è certo: ebbero modo di stimarsi precedentemente alla venuta del Perosi a Venezia. L’amicizia che legava Lorenzo Porosi a Gio.Batta Cheso doveva arrivare a manifestazioni ancora più cordiali, quando il Cheso pensò di mettere a disposizione del Perosi la sua casa di Sant’Eulalia ai piedi del monte Grappa per le vacanze estive. Era un’attenzione che tornava graditissima al Perosi: anche negli anni della maturità, trasferitosi a Roma, pensava con nostalgia di tornare a Sant’Eulalia per ringiovanire, se fosse possibile, alla visione dei bei luoghi della gioventù.
Testimonianza dell’amicizia che legò i due personaggi rimangono 27 lettere che vanno dal 1894 al 1930, indirizzate al Cheso dal Perosi in varie circostanze. Sono ora conservate nella biblioteca del seminario di Padova. Il Perosi dedicò alcune sue opere musicali all’amico: l’inno “Iesu redemptor omnium”, i “Responsori” di Natale a due voci dispari (composti mentre era in vacanza a S. Eulalia dal 18 al 25 luglio 1897), “Missa in honorem B. Gregori Barbadici”.

Giovanni Battista Sartori (spesso indicato come Sartori-Canova; Crespano, 18 agosto 1775 – Possagno, 17 luglio 1858) è stato un vescovo cattolico italiano. Era fratellastro di Antonio Canova, essendo figlio di Francesco Sartori ed Angela Zardo (passata a seconde nozze dopo essere rimasta vedova di Pietro Canova nel 1761). Deve la sua formidabile cultura agli studi e all’educazione impartitagli nell’ambito del Seminario Vescovile di Padova dove: « certo in verun altro istituto ch’io sappia coltivansi come quivi con sì indicibile ardore i classici studj, onde aggirandoti in quel sacro recinto, tra quelle mura venerande, ti parea per poco di spaziare nei dilettosi laureti di Grecia, nei cantati verzieri del Lazio e della Campania e d’incontrarti nelle redivive ombre de’ più begli spiriti di Atene e Roma. » (Giuseppe Jacopo Ferrazzi, Esequie di M. Giambattista Sartori Canova, celebrate in Crespano, Bassano del Grappa 1888). Fu lui che si adoperò a trasferire nel 1797 l'antico Organo Gaetano Callido dalla chiesa di San Teonisto di Possagno (destinata ad essere abbattuta per lasciare spazio al Tempio Canoviano) a Sant'Eulalia, dotando la Pieve di uno strumento prestigioso ed insigne.